Sembra un paradosso ma è proprio così, all’aumento complessivo di imprese dalla mission “innovativa”, in Italia non corrispondono gli investimenti di capitale adeguati a questo genere di attività economica. Un paradosso che in realtà dura da tempo ma che ultimamente ha dato segni di incredibile contrasto soprattutto da quando il governo con la legge n.212 del 17 Dicembre del 2012 ha definito in maniera netta la disciplina delle start up innovative.
Calano gli investimenti in ambito startup mentre aumentano le startup innovative
E’ proprio il primo semestre del 2017 che segna un trend estremamente negativo per quanto riguarda i finanziamenti, tanto che nella prima perte del 2017 gli investimenti in startup sono stati pari a 75,3 milioni di euro, contro i 86,2 milioni di euro di un anno fa, in pratica si tratta di un calo del 12%.
Sempre secondo l’Osservatorio Startup Hi-tech – promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Italia Startup – l’anno precedente gli investimenti totali hanno raggiunto la cifra di 217 milioni di euro mentre quest’anno le cose non sembrano andare nel verso giusto.
Meno investimenti e più startup! Paradosso all’italiana
Nascono come funghi specialmente in alcuni settori, quelle aziende che vengono di diritto iscritte all’albo delle imprese innovative: dalla produzione di software (30,8%), alla Ricerca&Sviluppo (13,9%) e in quello delle attività dei servizi di informazione (8,9%). Altro settore in cui è possibile trovare numerose startup innovative è quello industriale, con il 19,6% del totale, segue per finire il settore commerciale con il 4%.
In realtà i dati esaminati dall’Osservatorio Startup Hi-tech – promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano vanno a cogliere non solo quelle imprese innovative per definizione ma tutte quelle attività che:
- sono nella tipica prima fase embrionale, e che dunque hanno necessità di uno “sforzo” a livello umano e finanziario di notevole consistenza proprio perché soggette ad un rischio assai più elevato
- Imprese che, citando con testuali parole la Treccani sul concetto di startup “presentano un rischio più elevato rispetto a quelle già consolidate sul mercato, in relazione alle prospettive di guadagno e alle possibilità di perdite. Questo compagnie, in caso di successo, traggono il loro vantaggio dal fatto che, essendo state appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di risorse sia umane che finanziarie“
Ad un aumento cospicuo delle startup come sopra descritte, pare essere sensibilmente incrementato anche il numero degli occupati in questo tipo di imprese, nell’ultimo semestre si è infatti registrato un aumento dell’8% (+696 unità), per un totale di 9.365 addetti.
Modello Italiano di investimento e produttività dell’impresa
Il problema in Italia è la mancanza di fondi cospicui da parte di venture capital in grado di sostenere la piccola impresa innovativa appena dopo la prima fase embrionale, mancano questi fondi soprattutto in termini di mentalità, in Italia a differenza degli Stati Uniti, ma anche di paesi più piccoli e più floridi in ambito “digitale” (Svezia, Israele, per citarne alcuni) non è ancora radicato negli investitori il concetto di finanziamento rivolto ad un “ente” che non ha immediata redditività.
E’ un po’ come dire, “i soldi te li do ma devo avere estreme garanzie di rientro il prima possibile“, concetto atipico se non altro, proprio perché in contrasto con tutte le possibili definizioni di un business che ha appunto a che fare con l’aspetto di startup (rischio elevato) il quale spesso e volentieri è connesso ad un successo che si chiama exit più che ad una redditività vera e propria in termini di impresa.
Conviene a livello fiscale aprire una startup innovativa ex legge n.212 del 17 Dicembre del 2012?
Punto cruciale della questione: quando si sceglie un regime fiscale/giuridico piuttosto che un altro? La startup innovativa, ad esempio un srl innovativa, ha un regime fiscale sostanzialmente identico a quello della srl classica.
Sono invece inferiori gli oneri iniziali per costituirla, in pratica chi sceglie la via “innovativa” non deve impelagarsi a nostro avviso in inutili spese burocratiche inerenti ai costi di avvio, beneficiando anche di un grosso vantaggio legate alle procedure concorsuali che nella forma innovativa non entra in contatto con le articolate e complesse procedure di fallimento e di concordato preventivo, lasciando dunque più tregua e respiro a chi è a capo dell’amministrazione dell’impresa.