Sarà un “algoritmo domani” ad assumere un certo tipo di personale. Sì le macchine talvolta fanno il mestiere che dovrebbe fare l’uomo, e così capita anche nel mondo dell’HR, particolarmente scosso da un’ondata di tecnologia che in questi anni ha cambiato i connotati del mestiere di chi si occupa di selezione del personale.

Web App HR

Cosa c’entra l’algoritmo con il mondo del lavoro? Oggi, triturato dalla tecnologia, il settore HR si rinnova fornendo ormai al consumatore finale (chi cerca lavoro) tutta una serie di tool ultratecnologici che in teoria lo dovrebbero condurre a trovare il lavoro della propria vita, il fatidico lavoro dei sogni!

  • nascono vere e proprie web app in grado di far trovare lavoro ad un candidato quasi in maniera automatica; dei cervelloni artificiali che fanno tutto soltanto grazie all’inserimento di alcune manciate di dati sensibili, dei calcolatori che scrutano in sostanza la predisposizione lavorativa del job seeker.
  • siti che recensiscono le aziende, con veri e propri punteggi e che dunque mettono in guardia gli aspiranti lavoratori in modo che non capitino in situazioni lavorative poco desiderate
  • social network, siti di annunci di lavoro e app mobile ad hoc, online c’è di tutto per chi cerca attivamente lavoro.

Su tutti poi c’è Linkedin, che non ha bisogno di presentazioni: il social network con il più grande incremento di utenti dell’ultimo quadrimestre dietro solo a Facebook, rappresenta il compimento di un certo tipo di disintermediazione, ossia “tutto viene fatto attraverso le bacheche di tutti”, con professionalità, senso della privacy e correttezza.

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Algoritmo e Intelligenza artificiale: le aziende che ne fanno uso

In un contesto dove non vale più il CV come una volta, ecco che entrano in gioco altri fattori determinanti nel processo di selezione di un candidato: algortimi e IA la fanno da padrone. Tante sono le aziende che oggi non guardano manco per sogno il fatidico pezzo di carta riassuntivo delle nostre esperienze lavorative. Uniliever, con i suoi 170.000 dipendenti, è una di queste aziende.

Parliamo di colloqui ultra hi-tech, dove sullo smartphone del candidato agiscono le app prima che gli addetti ai lavori. Pensate che, nel caso di Unilever, i candidati vengono sottoposti  a 12 giochi in 20 minuti, ad attività basate sulle neuroscienze, che mettono in evidenza skills come la concentrazione sotto pressione e la memoria a breve termine.

La cosa assurda è che tutto questo pare funzioni in ambito HR: risparmio di tempo, energia e denaro dicono gli esperti.

  1. secondo i dati di Unilever l’accettazione dell’offerta di lavoro da parte del candidato è aumentata fino all’82%, contro il precedente 64%
  2. il tasso di completamento dei 12 giochi è del 98%, con una media di valutazione di 4.1 su 5.

Non solo Unilever, confermano il trend positivo anche altre due super big: Goldman Sachs e Walmart.

Cloud e Big Data, il futuro delle grandi piattaforme e della figura del recruiter

Se come abbiamo appena visto il primo step può essere spazzato via da ottimi sistemi di gamefication, bisogna cercare di capire cosa può esserne del secondo. Se viene a meno la figura del CV, anche quella del recruiter non è più indispensabile?

Ed è qui che sono sorte diverse polemiche: un conto è andare a fare una prima scrematura con i Big Data, un conto è  saltare totalmente l’apporto di un professionista del settore e il colloquio di lavoro vero e proprio. Ok, potrebbe essere fantastico tecnologicamente, ma umanamente parlando cosa potrebbe accadere?

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